La Divulgazione Scientifica al Ristorante Come ti "Cucino" lo Spazio


Che in Italia ci sia un gran bisogno di parlare di scienza, e di parlarne con coscienza e competenza, non è una novità. Lo ripeteva spesso col suo inconfondibile aplomb un grande maestro della comunicazione come Piero Angela, che anche nella lunga intervista intitolata Divulgazione, ricerca scientifica e viaggi nello Spazio in apertura al mio più recente progetto editoriale L’Italia nello Spazio – Il racconto dei suo protagonisti sottolinea come nel nostro Paese “manchi una mentalità scientifica diffusa e quindi una comunità più razionale, che poi in definitiva è indice di buon senso, perché - come ha detto qualcuno - la scienza è la forma più alta di buon senso”. 

Ebbene, sono passati più di cinquant’anni da quando il nostro caro, immenso, Piero Angela condusse uno dei suoi primi approfondimenti scientifici in tivù, intitolato 25 ore sulla Luna – Dalla Luna alla Terra, raccontando quanto il mucchio di soldi investiti per le missioni del programma Apollo (a quel tempo, in proporzione, molti di più di quelli investiti oggi per Artemis) trovassero poi applicazione in tantissimi campi utili al miglioramento della vita di tutti i giorni, qui, sulla Terra, dalla medicina ai satelliti per le previsioni meteo. Questo, ponendo ai suoi telespettatori una domanda quantomai attuale: se non ci fossero stati tutti quei soldi per le ricerche scientifiche nello Spazio, avremmo avuto gli stessi soldi per la ricerca scientifica sulla Terra? Non ci sono dubbi: la risposta è no. Oggi sappiamo non solo che ogni euro investito nello Spazio ne genera dai 3 ai 7 di ritorno, non solo che l’esplorazione spaziale dai suoi albori ha contribuito a un’accelerazione tecnologica incredibile, ma che continua a farlo con un raggio di azione sempre più esteso che abbraccia campi di applicazione di fondamentale importanza nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 dell'ONU per lo sviluppo sostenibile. Senza parlare della ricchezza generata in termini di conoscenza, che è inquantificabile.

Ora, qual è una delle prime cose che vengono in mente quando si pensa alla vita sulla Terra? Proprio così: l’alimentazione. Come ci nutriamo e l'impatto che questo bisogno primario ha sul pianeta.

La filiera del cibo che ogni giorno compriamo, cuciniamo e portiamo sulle nostre tavole o che assaporiamo al ristorante è sempre più “spazializzata”, grazie a tecnologie che oggi interessano in particolare l’agricoltura di precisione, ad esempio attraverso la mappatura dei terreni per l’ottimizzazione dei raccolti e la riduzione degli sprechi, ma che riguardano anche i trasporti, il confezionamento dei prodotti e in chiave più creativa la realizzazione dei piatti stessi. 

Da queste premesse nasce l’idea della Cena Spaziale e della sua versione amplificata, G-ASTRONOMIE - Il Festival degli scienziati di buona forchetta: dalla consapevolezza che cibo e scienza oggi sono sempre più interconnessi e dalla necessità di comunicarlo in maniera trasversale, portando una materia di “nicchia” come la divulgazione scientifica nel luogo più “pop” e “godereccio” che ci sia. Il ristorante, appunto. È qui che, assaporando un menu gourmet ispirato al cosmo e alle meraviglie dell'universo, lo stupore del palato ci predispone quasi naturalmente all'ascolto di temi magari più difficili da “masticare” altrove, sempre raccontanti da autorevoli esperti, ma in un’atmosfera conviviale.

C’è di più, perché i parallelismi corrono sul filo della storia (che come sempre ci è utile a capire meglio il presente e immaginare il futuro), portandoci indietro di oltre cent’anni. Siamo agli inizi del secolo scorso, a Torino, sempre nel tentativo di sollevarci dal suolo. In questo caso non con un razzo diretto verso la Luna, ma con un biplano. “Volerà, non volerà, chissà…” sono le parole scettiche che serpeggiano tra il pubblico presente alle esibizioni dei pionieri dell’aviazione. Quanti tentativi falliti. Quante notti insonni, frustrazioni, tormenti e nervi a fior di pelle per quegli intrepidi avventurieri del cielo. Poi un bel giorno, il 5 luglio del 1908, il rombo di un motore irrompe sulla scena e spazza via quel vociare: è il pilota Léon Delagrange a bordo del suo Voisin, il primo aereo a solcare il cielo sopra la Mole. Più che un volo è un grande balzo, ma poco importa. La strada è ormai segnata. Con lui avrebbe volato nei giorni successivi la scultrice Therese Peltier, che per l’occasione inventò e indossò la jupe-culotte, cioè la gonna pantalone, entrata poi nel costume di massa. 

Proprio come fece sempre nei primi anni del Novecento il geniale gioielliere artista Louis Cartier, a Parigi, per un’altra icona dell’aviazione: Alberto-Santos Dumont. Il pilota aveva infatti manifestato all’amico il desiderio di poter guardare l’ora sul quadrante mentre era in volo, senza togliere le mani dai comandi dell'aeroplano, cosa che invece era necessaria per il classico “orologio a cipolla”. Nacque così il Santos de Cartier, il primo orologio da polso maschile della storia.



LA CENA SPAZIALE
IL FESTIVAL (G)ASTRONOMIE